Anche se sono un classe ’79, a cavallo quindi fra la Generazione X ed i Millenials, relativamente al rapporto che ho nei confronti di Internet, mi sento di auto-defirmi un nativo digitale (ovvero la Generazione Z). Sono entrato in Internet per la prima volta nel 1994, ma già a 11/12 anni frequentavo le BBS ed ho ricevuto in regalo il mio primo personal computer (il mitico Commodore 64 ❤️) per il mio 8° compleanno. Sono praticamente cresciuto a pane ed Internet, devo ringraziare la rete della mia formazione tecnico-informatica, ho avuto la fortuna di essere stato attratto artisticamente, da adolescente, ad un particolare movimento informatico undeground (la demoscena) che mi ha insegnato tantissimo dal punto di vista tecnologico e mi ha permesso di conoscere persone straordinarie, non solo sotto il profilo professionale, sia Italiane sia internazionali.
Malgrado la mia presenza quasi trentennale su Internet e il mio infinito rispetto per il suo valore come risorsa dell’umanità, il mio atteggiamento nei confronti della rete rimane in ogni caso critico. Insomma non ho timori reverenziali, mi astengo dal glorificare Internet come fosse la soluzione definitiva ai problemi dell’universo, evito il coinvolgimento emotivo, non lo accetto dogmaticamente solo perchè gli devo qualcosa: osservo la rete (o almeno cerco di farlo) col dovuto distacco. Sotto questo punto di vista, condivido lo stesso identico comportamento che hanno adottato i giovani d’oggi della generazione Z. A differenza spesso di quello che fanno i miei coetanei adulti, ovvero i genitori dei gen z, che hanno un approccio totalizzante nei confronti di Internet: aderiscono completamente ad ogni aspetto, anche il più controverso, da esso scaturito!
Paradossalmente gli adulti di oggigiorno sono più attivi sui social network rispetto ai propri figli! Aderiscono pedissequamente alla filosofia ormai diffusa in Internet, cioè il trionfo della superficialità e la dedizione maniacale all’aspetto esteriore. Alcuni studiosi sostengono non sia mai accaduto in nessun periodo storico che i genitori fossero più scapestrati dei propri figli. Non ho le minime conoscenze storiche per confermare (o smentire) queste affermazioni. Probabilmente, però, c’è anche una componente culturale che gioca un ruolo fondamentale. Ai nostri tempi (quelli dei gen X e Y) Internet era nelle sue fasi di sviluppo embrionali, non esisteva ancora una sensibilizzazione popolare sull’argomento, neanche negli ambienti didattici e/o professionali prettamente informatici c’era la minima percezione dei pericoli (reali o presunti) insiti nella rete. Le nuove generazioni hanno invece avuto la fortuna di studiare in una scuola già pronta ad insegnare le opportunità e le trappole offerte da Internet. Già solo far scattare la scintilla, nei giovani, di un proprio senso critico sul tema può metterli a riparo dai disastri più gravi. Gli adulti miei coetanei sembra che al contrario non abbiano alcun freno inibitorio nei riguardi della rete. Spesso arrivano persino a diffondere in Internet foto, video o aspetti della vita privata dei figli (anche minorenni) senza nemmeno preoccuparsi delle possibili implicazioni sulla sicurezza che queste pubblicazioni comportano. Tristemente sto assistendo alla moda sempre più frequente dello sfruttare l’immagine dei propri bambini per scopi puramente commerciali (diretti o indiretti), ossia il capitalizzare i figli e la genitorialità al fine di guadagnare denaro, popolarità o semplice approvazione 😓
Nota di margine. Ovviamente non è interamente colpa di Internet, se di “colpa” possiamo davvero parlare, visto che la mia non è una critica di natura etico/morale. La nascita della rete da sola non può spiegare modifiche così radicali nella cultura popolare, evidentemente c’è (o c’era già) in atto un cambiamento nella società civile nel suo insieme. Mancanza di lavoro, precarietà, aumento della povertà, ansia per il futuro, ignoranza dilagante … sono tutti fattori che concorrono in qualche modo ad incrinare la psiche degli esseri umani, ed Internet altro non è che un mezzo di comunicazione atto a diffondere questo crescente disagio collettivo.