Internet ci sta togliendo la capacità di esplorare, sperimentare ed IMPARARE

Domenica scorsa ho deciso di fare un giro in mountain bike nella tenuta di Tor Marancia che ho visitato la 1° volta quando ero un ragazzino delle scuole medie, quindi a 30 anni di distanza. La mattinata prima di uscire di casa, con un comportamento naturale e quasi istintivo, ho iniziato una ricerca affannosa ed ossessiva su Internet di informazioni relative alla tenuta: percorsi, video, mappe, opinioni, commenti, informazioni da vari siti web ufficiali ed ufficiosi. Ovviamente quel luogo non è geolocalizzato, il terreno non è percorribile da un veicolo a motore quindi non lo trovi su Google Maps o Waze. Non sono riuscito a raccogliere un collage di informazioni soddisfacenti, macando forse specifiche iniziative a riguardo, e confesso che a causa di questa carenza stavo per rinunciare alla gita.

Fortunatamente ho deciso di andarci lo stesso, ho anche pubblicato un video, non ricordavo praticamente nulla di quel posto, e facendo un controllo sui miei spostamenti GPS mi sono reso conto di aver pedalato solo per il 25% dell’intero percorso 😒 Va detto che quel parco o già lo si conosce oppure qualcuno deve fartelo conoscere, cosa che successe a me al tempo visto che la soffiata arrivò da un mio compagno di scuola. Da adulto ci sono andato impreparato, mi sono sentito completamente spiazzato, anzi stavo pure per rinunciare ed ho visitato solo ¼ del percorso; commettendo anche degli errori tra l’altro. Eppure da ragazzino era come se sapessi già tutto, non mi preoccupavo di conoscere in anticipo il dove andare, anzi neanche me lo ponevo il problema: semplicemente salivo in sella e pedalavo! All’epoca non esistevano gli smartphone, non si trovavano facilmente mappe dettagliate, non c’era il navigatore satellitare popolare, e per i comuni mortali Internet era alieno.

Quindi cos’è successo nel frattempo: mi sono forse completamente rincoglionito? 🤔

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Pubblicità spacciate per notizie: è solo colpa degli AdBlocker?

La prima cosa che faccio in un sistema operativo fresco appena installato è scaricare i vari web browser e su ognuno attivare i plug-in che bloccano la pubblicità, ossia le più famose estensioni come uBlock Origin, Adblock Plus, AdBlock o simili. Da un decennio i banner pubblicitari erano diventati eccessivamente molesti quindi tante persone, inclusi i neofiti, hanno preso l’abitudine di utilizzare gli ad-blocker e di conseguenza i content creator hanno iniziato a registrare minori guadagni dalle entrate pubblicitarie. Per ripristinare la monetizzazione, come ho lamentato in un precedente post, gli amministratori dei siti web aggregatori di contenuti si sono ingegnati con un espediente: hanno cominciato a spammare pubblicità / sponsorizzazioni / spot / réclame / promozioni / marchette (chiamatele come preferite) camuffate da notizie, elencate normalmente come le altre nella lista. Anzi da pochi anni ce n’è una versione 2.0 che nasconde spot all’interno di un articolo reale, o in paragrafi ad-hoc facilmente identificabili, o sempre più spesso integrati nel testo stesso senza evidenti demarcazioni. Esattamente come succede nei video che frequentemente promuovono prodotti o servizi come parte del filmato, solitamente dopo una breve introduzione, e non più tramite advertising esterno (rimuovibile dai programmi).

Tutte queste tecniche servono ad aggirare gli ad blocker!!!

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La bolla informativa in Internet causata dagli algoritmi ma non solo…

Pensierino del Sabato mattina. Da alcuni anni a questa parte, nella mia barra delle applicazioni (la taskbar) sono onnipresenti 3 icone collegate ai più importanti browser su Windows: FireFox, Chrome ed Edge. FireFox è il browser principale che uso più frequentemente per navigare, anche se è leggermente meno compatibile a livello HTML/CSS/JScript rispetto agli altri 2, lo preferisco sia per la sua indipendenza commerciale sia per la sua sicurezza, specialmente a livello sincronizzazione dati e condivisione account; e poi da quando sono passato ad un monitor con risoluzione 4K, la sua modalità lettura (tastino F9) è diventata la mia migliore funzionalità-amica di semprissimo! Datemi pure del boomer ma io oggi alla raffinatezza grafica dei siti web preferisco la semplicità nella lettura del contenuto 😅 Ad ogni browser ho associato un diverso account Google: a FireFox è associato un account “sporco” di cui non mi interessa nulla, mentre agli altri 2 browser ho associato account “puliti”: cioè quello personale e quello lavorativo.

Ho optato per questa precisa strategia onde evitare che i famigerati algoritmi finissero per insozzare con contenuti alquanto discutibili anche gli account del profilo personale e lavorativo, che desidero invece mantenere salubri. E che ci piaccia o no, Google ad oggi rimane il principale collezionista e condivisore di dati statistici sugli utenti ai fini della profilazione. La necessità di 3 diversi browser non è esclusivamente questa ma è anche per implementare un supporto software più ampio possibile durante lo sviluppo e il debugging di siti web.

Malgrado il mio uso accorto ed oculato dei browser, degli account ad essi associati, dell’attenta navigazione che cerco di seguire diligentemente, sfortunatamente oggigiorno a causa di una serie infinita di pratiche di marketing ormai consolidate, presenti praticamente in ogni angolo dell’Internet, non riesco più a sfuggire dai contenuti di tendenza, o anzi, per definirli ancora meglio … dalle stramaledette minchiate 😒

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Bing Answers rivoluzionerà anche il modo di pensare e ragionare dell’essere umano

Continua il mio viaggio alla scoperta dell’innovativissimo Bing Answers, la fusione del motore di ricerca Bing di Microsoft con l’intelligenza artificiale ChatGPT versione 4 (GPT-4) di OpenAI: l’accoppiata vincente che sta scrivendo un nuovo capitolo nella storia dell’informatica e dell’umanità! Dopo alcuni giorni di utilizzo già non posso assolutamente più farne a meno, se fino ad ieri nel linguaggio comune si pronunciavano frasi del tipo “fa’ una ricerca con Google” da domani la nuova frase fatta che entrerà a far parte del glossario collettivo sarà “fa’ una domanda a Bing (Answers)“. Questo nuovissimo ed avanzatissimo strumento consente di trovare informazioni articolate in una manciata di secondi che solo fino a pochi mesi fa avrebbe richiesto intere giornate di ricerche incrociate per ottenerle, anche per più giorni di seguito onde raffinare progressivamente i risultati raggiunti, ammesso si fosse poi riuscito davvero a intercettare una singola fonte sufficientemente attendibile sull’argomento desiderato.

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Motore di ricerca basato su ChatGPT-4 grazie a Bing 🧠🤖

Ho finalmente avuto modo di provare il nuovissimo motore di ricerca basato sull’intelligenza artificiale di ChatGPT (versione GPT-4), la chatbot implementata all’interno di Bing ed integrata nativamente nel browser Edge, che un paio di mesi fa è stata resa disponibile da parte di Microsoft a tutti gli utenti (con account abilitato) senza necessità di abbonamenti a pagamento. Ovviamente l’azienda di Redmond, che in passato veniva guidata dal rimpianto signor Cancelli, non intende fare un’opera di bene all’umanità, o contribuire alla pace nel mondo, ma tenta di rubare lo scettro del potere a Google e, frattanto, migliorare il deep learning del motore interno grazie alla partecipazione gratuita (e inconsapevole) di milioni di usufruitori da tutto il mondo. A noi futuri consumatori ci hanno fornito per ora il giochino gratis, però intanto che ci divertiamo, gli generiamo engagement e machine learning! Vabbè dai, io ci sto, a me va benissimo così 😅

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Generazione Z e genitori hanno stretto un diverso rapporto con Internet

Anche se sono un classe ’79, a cavallo quindi fra la Generazione X ed i Millenials, relativamente al rapporto che ho nei confronti di Internet, mi sento di auto-defirmi un nativo digitale (ovvero la Generazione Z). Sono entrato in Internet per la prima volta nel 1994, ma già a 11/12 anni frequentavo le BBS ed ho ricevuto in regalo il mio primo personal computer (il mitico Commodore 64 ❤️) per il mio 8° compleanno. Sono praticamente cresciuto a pane ed Internet, devo ringraziare la rete della mia formazione tecnico-informatica, ho avuto la fortuna di essere stato attratto artisticamente, da adolescente, ad un particolare movimento informatico undeground (la demoscena) che mi ha insegnato tantissimo dal punto di vista tecnologico e mi ha permesso di conoscere persone straordinarie, non solo sotto il profilo professionale, sia Italiane sia internazionali.

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Internet è una grande invenzione ma andrebbe limitato?

Ovvero quanto Internet, cioè un mezzo di comunicazione, influenzi il comportamento sociale degli esseri umani

Premetto che mi ritengo una persona stupida che riflette. Ci sono persone intelligenti che pensano, persone sagge che pensano, persone carismatiche che pensano, e poi ci sono io: uno stupido che pensa. Beh a dire il vero non è il mio unico difetto e questo fa di me un idiota al quadrato, anzi direi al cubo (o meglio all’ennesima potenza) 😅

Da diverso tempo ormai rifletto su Internet. Nei secoli passati alcune persone hanno perso la vita (letteralmente) per diffondere giornali di propaganda, stampati illegalmente, al fine di informare la gente “comune” su quello che stava accadendo nel mondo (reale), credo che il concetto di giornalismo stesso sia nato proprio durante la Rivoluzione Francese. Arriva poi Internet, che nel tempo evolve, fino ad un decennio fa circa quando i social media (all’epoca primariamente Twitter) vengono inondati da ragazzine adolescenti che vanno in crisi esistenziale appena si spezzano un’unghia mentre stendono lo smalto. Gigabyte e gigabyte di spazio sprecato per archiviare questi preziosissimi dati, con annesse dettagliatissime fotografie del dramma, per informare … chi? Magari le amiche più strette, al massimo qualche parente prossimo e forse forse una schiera di maniaci pervertiti?

Internet (con la complicità della componente economica) ha diffuso in maniera estremamente capillare e trasversale in ogni strato della popolazione mondiale un particolare atteggiamento, una sorta di virus della mente, una vera e propria malattia sociale: quello del voler APPARIRE sempre, comunque e a tutti i costi. Voler apparire è un comportamento umano che è sempre esistito da ben prima dell’avvento del selfie, non è niente di innovativo, però in passato coloro che ne venivano infettati erano principalmente o persone stravaganti, eccentriche, o persone che lavoravano nel campo della moda e/o dello spettacolo. Il fenomeno quindi esisteva, è sempre esistito, ma era circoscritto. Oggi tutto il mondo, indipendentemente dal proprio mestiere, dal proprio status sociale, dalla propria cultura, dal proprio ambiente, dalle proprie passioni, dalla propria storia personale, sembra avere un solo ed unico interesse comune intrinseco: apparire.

Ma la domanda vera che mi pongo è: come ha fatto Internet ad insidiarsi in maniera così capillare nella vita quotidiana della società umana? 🤔

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Internet, il passaparola e il virale

Jeff Duntemann, l’autore del primo libro di programmazione che ho letto nella mia vita, quello sul Borland Pascal (per dovere di cronaca in realtà il primo che ho acquistato era sul C++), nel 1998 ha scritto sul suo blog questo post che cito per intero:

We’re getting to the day where almost any software application or utility you could describe is out there somewhere—in many cases freely downloadable from half a dozen places. A friend of mine is putting together a small conference for independent Catholic priests and bishops, and wanted to know if I’d seen any software for managing conference, attendees, fees, schedules and stuff. Sure as..er..heck, I found a package in about ten minutes. I mentioned in VDM that I’d like to have a software gizmo that magnified the cursor region so I could bulls-eye the mouse pointer into those teeny little Explorer interface plus/minus boxes. Sunuvugun, four or five such things already exist. When there were fewer things in the world, word-of-mouth was easy. Now there are a near-infinite number of things in the world, and no one has the breadth of attention to be able to snag word-of-mouth on more than a tiny fraction of it. I’m quite sure that managing word of mouth is the key to making money with software distributed on the Web. Many people say they know how to do this. I’ve seen no evidence that anyone does. I think about it a lot, and if I come up with any useful idea you’ll see them here.

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